Spesso le associazioni che rappresentano la categoria degli amministratori di condominio partecipano a fiere o rassegne dedicate al mercato immobiliare. Non entro nel merito sull’opportunità, sono scelte discutibili, ma a queste manifestazioni partecipano tutte le componenti del mercato immobiliare, presente e futuro, un mondo al quale noi guardiamo molto poco, ma che ha molto da insegnarci, cominciando dal linguaggio.

Infatti, la curiosità sulla quale vorrei intrattenervi è di tipo filologico, cioè come in questo mondo, del quale tantissimi di noi fanno parte spesso senza averne piena coscienza, il segnale del cambiamento sia dato dal linguaggio.

Seguite allora la nota che segue.

Il mercato immobiliare, quello che conta, è la real estate community, nella quale gli arranger, le grandi società internazionali di intermediazione, fanno i deal, gli affari, investendo nei leisure park, nei call center, nei cinema multiplex, nei self storage, negli shopping centere nei carrier hotel.

Anche gli istituti di credito fanno la loro parte, non sono più semplici erogatori dei finanziamenti ma assumono il ruolo di advisor, così come le grandi società di assicurazioni, soprattutto per lo spin off, la scalata alle azioni delle grandi società quotate in borsa [ad esempio, alla Telecom], oppure per il sale & leasebacknel caso delle dismissioni dei grandi patrimoni immobiliari.

Attenzione particolare, almeno in Italia, viene data al settore retail, i centri commerciali e i negozi nei centri storici delle città, un settore in crescita continua che ha toccato a Milano un top rentdi oltre 800,00 euro per metro quadrato/anno.

Questi investimenti sono destinati al good tenant, il buon inquilino, di solito un azienda fianziariamente florida ed in espansione, che va ad occupare il built-to-suit, l’immobile costruito su misura per il suo business.

Particolare interesse viene dato, oggi più di ieri, alla qualità della vita e all’inquinamento e per questo nella scelta dell’ubicazione degli immobili si valutano gli urban planning e gli space planning.

La società d’investimento mette a disposizione dei propri clienti il suo asset management, cioè il service providing [town planning, project management, property e facility management, agency] allo scopo di ottimizzare la loro performanceattraverso le attività di property e facility management [e questo ci riguarda direttamente], attività costituita dalla gestione del patrimonio immobiliare di terzi.

Le analisi che fanno le finanziarie, quelle che portano alla decision making, è higest and best use cioè numerica e matematica, per ricercare le soluzioni quantitative e qualitative, perché il businessalla fine dell’anno deve mostrare un segno più, deve produrre profitto.

Per determinati businessi gruppi finanziari internazionali operano in joint-venture, ognuno attraverso il proprio asset manager  che risponde ai rispettivi consigli di amministrazione: un gap  di non poco conto per il mercato italiano dove il promotore è solitamente un operatore con una piccola struttura.

Una volta individuato l’immobile, questo va verificato in base alla due diligenceo site assessment, ovvero «l’indagine del grado di conformità rispetto alla normativa e più in generale l’analisi dello stato d’uso dell’immobile, da più punti di vista» [che poi sarebbe il tanto bistrattato fascicolo di fabbricato], per riscontrare, ai fini della valutazione del bene, gli scostamenti tra lo stato documentale e lo stato di fatto.

Vi è poi il ruolo delle società di assicurazioni, che valutano il risk management  proponendo coperture assicurative cosidette all risk, per garantire l’investitore.

A questo punto, bisognerà coniugare il property management, la gestione dell’immobile per garantire la corretta amministrazione con l’asset management, cioè la gestione dell’investimento, attraverso la valorizzazione dell’immobile e del suo rendimento.

Ma vediamo da vicino come opera un business centre, un centro direzionale che è oggi una delle forme più redditizie d’investimento immobiliare.

Non solo uffici arredati, i cosidetti temporary office, ma anche business solutionpersonalizzate per ogni cliente, come ad esempio il servizio link, l’ufficio virtuale del quale si occupa il personale della società di gestione. C’è poi il servizio touch down, per disporre di una sede operativa con le stesse caratteristiche in varie parti del mondo, le meeting room, dalle piccole salette per i colloqui alle aule training, con servizi di segreteria e catering.

Ma la società di gestione offre anche il net space, unbusiness centre per un unico cliente che può occuparsi unicamente del proprio core business, mentre la società provvede sia alla ricerca dell’immobile che alla sua manutenzione.

Al termine di questa esposizione, viene spontaneo chiedersi il perchè di tanti termini inglesi per definire concetti perfettamente traducibili in italiano.

E qui sta il punto.

Ricordiamo quanto è successo nel mondo dell’informatica che al suo apparire, nelle pubblicazioni dedicate, si esprimeva in una lingua sconosciuta, infarcita di neologismi e termini stranieri, che però con la diffusione dei computer e degli applicativi, oggi sono diventati comuni per molti di noi (hardware, software, database, ram, rom, mouse, hard disk, input-output).

Ebbene, anche in questo nostro mondo statico, dove gli eventi si succedono, anno dopo anno, sempre allo stesso modo, nel quale la nostra azione, anno dopo anno, è sempre la stessa, nel quale le novità [leggi, decreti e norme che ci rovesciano addosso sempre nuove responsabilità] sono perlopiù negative e per questo vengono rimosse velocemente, sta accadendo qualcosa di nuovo, si stanno affermando nuovi modelli operativi, specialistici.

Da anni stiamo descrivendo quelle figure professionali del mondo anglosassone [il property manager, il facility manager, il project manager] alle quali dovremmo fare riferimento per aggiornare la nostra attività: le testimonianze in alcuni convegni hanno dimostrato come queste competenze si stiano affermando in Italia e come vi sia tanto da imparare per noi da queste nuove professionalità.

Certo, il mondo dei condominii è ancora là, affidato perlopiù all’improvvisazione e al dopolavoro [i professionisti veri sono la minoranza], ma attenzione: l’evoluzione del mercato immobiliare porterà inevitabilmente al cambiamento del metodo di gestione dei servizi, e per questo non dovremo trovarci impreparati: bisognerà accedere alla formazione, seriamente, ponendola come un obbligo morale per tutti noi, per garantirci il futuro di amministratori, oggi per domani.

Giuseppe Rigotti