Ebbene sì. Udite, udite.

Alla faccia della Legge 4/2013, la voglia di corporativismo, mai sopita nel nostro Bel Paese, ha prodotto una vera rivoluzione nell’ambito delle professioni sanitarie.

Nonostante l’Europa abbia da tempo rifiutato la legittimazione di un’attività professionale attraverso il riconoscimento giuridico e l’Antitrust si sia decisamente orientata a favore della competitività e della liberalizzazione delle attività professionali, sono state legalizzate, con il tradizionale iter legislativo, ben quattro nuove professioni.

Nella Legge di Stabilità 2018 (legge finanziaria!) troviamo l’approvazione della proposta di legge dell’On. Vanna Iori (PD) per l’istituzione delle professioni di educatore professionale socio-sanitario, educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista. Ma non solo.

Viene anche approvato il decreto della ministra Beatrice Lorenzin (ex NCD e ora a capo di Alternativa Popolare) per il riordino delle professioni sanitarie, attraverso l’istituzione di nuovi ordini professionali (in sostituzione degli albi e collegi preesistenti) e di nuove professioni quali gli osteopati e i chiropratici, con l’apertura ai fisioterapisti.

Ora, niente da obiettare sull’importanza del comparto sanitario nella nostra società, ma guarda caso, l’approvazione di questa epocale riforma, che per quattro anni è rimpallata tra le commissioni di Camera e Senato, ha trovato, all’improvviso, consenso unanime nella maggioranza proprio alla fine della legislatura, con l’ultimo atto del Governo Gentiloni, e poiché siamo passati dalle elezioni politiche e l’universo delle professioni sanitarie riguarda oltre un milione di operatori, beh, qualche dubbio è legittimo ….

Comunque, il punto non è questo. Rientrando nei nostri confini, questo ritorno al passato, quando con una legge dello Stato venivano riconosciute e legalizzate attività di tipo professionale attraverso l’istituzione di ordini, albi e collegi, non ci riguarda.

Mettiamo da parte le nostre nostalgie. È probabile che qualche collega inguaribile ottimista, a questo punto, proponga una nuova raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare per il riconoscimento giuridico della professione di amministratore immobiliare, magari al nuovo governo. Credetemi, è già successo!

Perché al di là di tutto, le nuove professioni arrivano dall’università, attraverso percorsi di studio di primo e secondo livello; d’accordo che la legge 4/2013 ha sancito che tutte le attività professionali non ricomprese in ordini, albi e collegi sono professioni, quindi non era necessaria una legittimazione ufficiale, però qualche distinzione va fatta.

Prima, fra tutte, la specificità culturale.

Antico problema, mai risolto a causa della frammentazione della nostra rappresentanza associativa, poco propensa a rivedere un modello professionale rimasto, nei fatti, inalterato dagli anni ’70 (salvo qualche aggiustamento) e ulteriormente svilito dai contenuti della Legge 220/12, ed anche, che è peggio, da una miopia assoluta sull’aspetto culturale della nostra attività.

Però, alla fine …. va bene così.

Se ci fosse stata, sin dall’inizio della nostra storia professionale, la volontà delle associazioni di perseguire realmente la professionalizzazione degli amministratori di condominio, attivando gli strumenti necessari (scuola e politica) quando era ancora possibile, avremmo da tempo un nostro albo professionale, e saremmo, da tempo, professionisti.

Ma se siete ancora convinti che, grazie alla Legge 4/2013 ed alla Norma UNI 10801:2016, siamo professionisti, suggerisco un piccolo ripasso.

Legge 11 dicembre 2012 n° 220“Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”

«Art. 71-bis. – Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominiocoloro:

  1. che hanno il godimento dei diritti civili;
  2. che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
  3. che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
  4. che non sono interdetti o inabilitati;
  5. il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
  6. che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
  7. che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

I requisiti di cui alle lettere f) e g) non sono richiesti qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini………..

………………………..

Coloro che hanno svolto l’attività di amministratore di condominio per almeno un anno nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge di riforma, sono esonerati dai requisiti di cui alle lettere f) e g), salvo l’obbligo di formazione periodica.

Legge 14 gennaio 2013 n° 4 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi”

Art. 1, comma 2

Ai fini della presente legge, perprofessione non organizzata in ordini o collegi, di seguito denominata professione,si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale o, comunque, con il concorso di questo…

D.Lgs 13 agosto 2014, n. 140

Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità per la formazione degli amministratori di condominio nonché dei corsi di formazione per gli amministratori condominiali (GU n.222 del 24-9-2014)

I corsi di formazione e di aggiornamento contengono moduli didattici attinenti le materie di interesse dell’amministratore, quali:

  1. l’amministrazione condominiale, con particolare riguardo ai compiti ed ai poteri dell’amministratore;
  2. la sicurezza degli edifici, con particolare riguardo ai requisiti di staticità e di risparmio energetico, ai sistemi di riscaldamento e di condizionamento, agli impianti idrici, elettrici ed agli ascensori e montacarichi, alla verifica della manutenzione delle parti comuni degli edifici ed alla prevenzione incendi;
  3. le problematiche in tema di spazi comuni, regolamenti condominiali, ripartizione dei costi in relazione alle tabelle millesimali;
  4. i diritti reali, con particolare riguardo al condominio degli edifici ed alla proprietà edilizia;
  5. la normativa urbanistica, con particolare riguardo ai regolamenti edilizi, alla legislazione speciale delle zone territoriali di interesse per l’esercizio della professione ed alle disposizioni sulle barriere architettoniche;
  6. i contratti, in particolare quello d’appalto ed il contratto di lavoro subordinato;
  7. le tecniche di risoluzione dei conflitti;
  8. l’utilizzo degli strumenti informatici;
  9. la contabilità

Questo è il quadro legislativo che riguarda la professionalizzazione degli amministratori di condominio, ispirato da soggetti terzi che ignorano totalmente la nostra attività e le nostre competenze.

Penso che se avevamo ancora dubbi sulla scarsa considerazione del legislatore nei nostri confronti, ma soprattutto, sul concetto di amministratore-professionista, l’ultimo comma dell’art. 71 bis della Legge 220/2012, si spiega da solo.

Inoltre, possiamo osservare come:

  • Il modello tecnico-legale, confermato nella norma UNI 10801:2016, e ripreso dal DM 140/14, sia ben lontano dalla realtà quotidiana dell’amministratore, non la rappresenta e non ne definisce le competenze
  • L’iscrizione ad un’associazione di categoria e la certificazione UNI non possono essere atti volontari [Legge 4/13] ma dovrebbero essere obbligatori
  • Non c’è un organo di controllo
  • Non vi sia una specificità culturale bensì un insieme di conoscenze di tipo tecnico legale e poco altro [D.Lgs 140/2014], mancano le competenze [la Norma UNI 10801:2016 ne definisce alcune, ma sempre riferite ad un modello paralegale]
  • Il legislatore ha ignorato del tutto l’evoluzione del mercato della gestione immobiliare negli ultimi 30 anni [lo sviluppo dei servizi]
  • Ha perpetuato una figura professionale confusa e non al passo con i tempi e disarticolata ai bisogni dei clienti
  • Le Associazioni di categoria, anche dopo l’entrata in vigore delle nuove normative, dimostrano di non tener conto dei cambiamenti del mercato immobiliare.
  • Il destino della nostra attività è nelle mani di persone fortemente legate al passato, alle quali ben poco interessa la professionalizzazione dei propri iscritti, perchè perseguono fini diversi.

Per quanto sopra, quella dell’amministratore di condominio non può essere che un’attività di tipo professionale e non una professione.

Tutto questo preambolo per ribadire quello che è l’obiettivo principale della Building Management School: destrutturare l’amministratore di condominio di oggi e ricomporre il suo profilo professionale in un nuovo modello, il Manager dei Servizi Immobiliari.

Tutto ciò sarà possibile solamente attraverso la formazione e la cultura.

Per questo, abbiamo bisogno dei vostri contributi, idee, suggerimenti ed anche osservazioni.

E dobbiamo farlo assieme, passo dopo passo, per ridefinire l’amministratore di condominio, conservandone la tradizione e l’esperienza acquisita sul campo, ma individuando quelle competenze necessarie per offrire un servizio di qualità ai clienti.

LabCondominio serve anche per questo.

Grazie per quanto saprete dare.

Giuseppe Rigotti